Un giorno ci rincontreremo tutti.
La prima parola che mi è venuta in mente per iniziare a scrivere questa
recensione è stata “fotografie”. “Un
posto molto lontano da qui” è un romanzo pieno di fotografie, non di quelle stampate
o incollate sulle pagine come in un album, tanto per intenderci, ma fotografie intese
come scene folgoranti descritte con pennellate leggere fuoriuscite dalla penna
acrobatica di Carlo Deffenu.
Non vorrei sperticarmi nell’elogio gratuito del romanzo, ma posso dire,
senza enfasi alcuna, di aver trovato “Un posto molto lontano da qui” oltre che un
romanzo solido, un buon romanzo sulle nostre paure e sulle nostre sconfitte.
Sulle paure che s’insinuano in noi da bambini e che ci tiriamo dietro per un
bel po’ di anni scoprendo alla fine che sarebbe opportuno più che combatterle,
imparare a conviverci con certe paure. E sulle nostre sconfitte, di quelle che
quando ti colpiscono ti scagliano altrove, in un posto molto lontano da qui,
appunto, come palline di un biliardo colpite con violenza da quel giocatore
esperto che si chiama vita.
Il romanzo si apre con una fotografia: una bambina che immagina
la dinamica di un suicidio realmente accaduto nel luogo dove lei si è fermata ad
osservare "quel mazzo di rose bianche e
due lumini rossi che continuano a bruciare mestamente" lasciati da chissà
chi. Quella bambina è Danette, che sembra “un manga senza sorriso” e di
cui scopriremo le paure. Paure che nascono per l’assenza di un padre, militare
in Afghanistan, a sua volta prigioniero delle scene di guerra che si porta
dentro anche nei giorni di licenza che trascorre accanto alla figlia.
Sono quasi tutti così i personaggi che Deffenu mette in scena in questo
suo romanzo, personaggi che devono fare i conti con i propri fantasmi, e per
questo appaiono veri, familiari. Come Denis, quindicenne, provato dalla brutta
esperienza di essere rimasto per tre notti prigioniero in una buca in cui
accidentalmente è caduto qualche anno prima. Tre giorni con i piedi nel limo e con le mosche, a migliaia, che gli ronzano sulla faccia e che “si passano la voce nei campi e si raccontano che c’è un bambino prigioniero in un buco profondo, un
posto ideale per banchettare indisturbate.” Le odierà così tanto quelle
mosche Denis che, una volta libero, inizierà a collezionarle imprigionandole
nei barattoli di vetro.
E che dire di Dumas, preso a calci dalla vita. Dumas che perde la donna
amata in un incidente stradale e non si raccapezza più. Così parte alla ricerca
di qualcosa che lo aiuti a lenire quel dolore. E sarà solo in un posto molto
lontano da qui che alla fine, Dumas, riuscirà a trovare la sua patria. E mentre
cerca quel posto, Dumas scatta fotografie: fotografie di luoghi in cui è stato felice
con Dora, fotografie di luoghi in cui è stato bambino, a testimoniare un’altra
vita prima di quel dolore, e struggente è la scena del suo ritorno nella casa
d’infanzia: “Rivede il volto tondo di sua
madre affacciato alla finestra, i capelli scuri raccolti sulla nuca, le braccia
robuste conserte sul davanzale.” E il lettore la vede quasi materializzarsi
sulla pagina, quella madre. Una fotografia appunto: lì davanti a lui.
E poi c’è Polar che viene da
lontano, che ha abbandonato la sua Polonia e adesso vive senza un soldo e con
tre cani mendicando qualche spicciolo agli incroci dei semafori della città. E
ci rimarrà, su quelle strade, fino a quando non giunge inaspettata la sorpresa
finale che Dumas ha preparato per lui, prima di andarsene altrove. Polar che
nella sua terra era un professionista affermato, un giorno commette l’errore
che nessun padre vorrebbe commettere, l’errore che non ammette appello e allora
decide di andare, partire, decide di abbandonare tutto per espiare la sua
colpa, se di colpa si tratti. Ma di ciò, lasciamo al lettore il gusto della
scoperta. Tuttavia soffrire in Terra, senza darsi la morte, può essere un modo
onorevole per espiare la propria colpa.
Alla fine il cerchio si chiude, perché il filo sottile che lega i
personaggi tra di loro c’è, e resiste agli eventi. Per Danette, che durante
tutto il romanzo combatte la sua guerra con le paure che terrorizzano tutti i
bambini, Denis è diventato il supereroe che la difenderà per sempre dall’ombra
che cerca di entrare nella sua camera. E Denis, grazie a un regalo di Dumas,
saprà come tenere a bada quell’ombra cattiva che insidia la sua principessa.
Gli elementi fantasy non mancano nel romanzo, ma ho apprezzato l’uso
parsimonioso che ne fa l’autore, il quale non eccede in diavolerie superflue che
nulla avrebbero aggiunto alla storia. Il finale è di quelli che scaldano il
cuore e lasciano spazio, giustamente, alla speranza: un giorno, in un posto
molto lontano da qui ci rincontreremo tutti. Si spera.
Buona lettura.
Carlo Deffenu
Un posto molto lontano da qui
(edizione ebook)
EDITO DA:Io Scrittore
PREZZO:4.99 €
Per acquistarlo:
Grazie. Posso dirti solo "grazie" per la bellessima recensione. :-)
RispondiEliminabellissima...che non sono mica rumeno io. ehehhehe
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