27/01/13

La giornata della Memoria - 27 gennaio 2013


La Scala della morte
A sinistra, gli internati, nella tipica fila per cinque imposta nei lager, salgono sulla scala, con dei massi caricati sulle spalle, facendo contemporaneamente un passo alla volta tutti insieme, per il necessario equilibrio della schiera sulla ripida scalinata di 186 gradini.




“Se questo è un uomo”
                                                                 A Primo Levi
Non s’apprende la Storia dai libri
perché i libri non grondano sangue,
non strozzano pianti,
i libri non sanno la Storia.

Occorre vederli, e io li ho visti
i campi concimati con ossa bambine,
i capelli di donna divenuti tappeti
e le scarpe senza stringhe,
a migliaia accatastate.
E le valigie sequestrate,
su cui ancora implorano le scritte dei nomi dei tanti deportati.

Ho calpestato le zolle
inzuppate dal sangue di mille e mille fratelli
periti sotto pietre rotolanti
sui centottantasei scalini della “Gradinata della morte”
o spinti in basso, per diletto altrui,
dalle pareti ripide della cava di pietra, a Mauthausen.

E nel silenzioso eloquente lamento delle baracche,
ho ascoltato,
le grida di strazio delle sorelle imbrogliate
delle sorelle imbrigliate nei fili elettrizzati e vigili
posti a guardia dei confini del campo di concentramento, a Dachau.

Ho camminato nei corridoi unti di pioggia
tra le baracche di Auschwitz,
fino alle sponde del piccolo lago
le cui acque annegarono ceneri dei corpi cremati.
Ho camminato fino al muro dell’ultimo pianto,
fin sotto le docce delle camere a gas
e dinanzi a bocche di forni crematori ancora rossi, ho pregato
bestemmiando quel dio vigliacco per questo suo recondito disegno.

“Se questo è un uomo” ho gridato più volte,
“Se questo è un uomo” ho ripetuto forte
che non rimanga traccia allora del suo seme
che sia estirpata per sempre la sua forma
e nuova vita sgorghi su questa nostra terra
e che tutto quel dolore sparso
dissoltosi nel vento,
ritorni con il vento per incanto
e come un canto sia memore di quel tempo,
quel tempo che camminammo con supremo disincanto
fino al muro dell’ultimo pianto.     


           Giuseppe Marotta







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